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L'organismo di controllo di Internet della Repubblica Popolare cinese venerdì scorso ha ordinato a Google di eliminare dal motore di ricerca i siti e i contenuti "pornografici e volgari" a cui hanno accesso gli utenti cinesi del web.
Da almeno cinque anni torna puntuale la polemica sulle censure imposte dal governo cinese a Google. Nel 2006 era già accaduto uno scontro del genere, ma poi i due contendenti avevano trovato un accordo. In generale si punta il dito esclusivamente contro Pechino, accusando l’establishment della Repubblica Popolare di mettere il bavaglio alla protesta del Dalai Lama e dei Falun Gong con la scusa della battaglia contro la pornografia. Ma ci si dimentica altrettanto spesso di aggiungere che i guglocrati sono uomini d’affari, monopolisti senza particolari remore morali, gente che difende la libertà di espressione solo quando gli fa comodo.
Da quando hanno capito che il mercato del web cinese è una frontiera dalle risorse illimitate i padroni di Google non si sono mai fatti troppi problemi a chiudere accordi con Pechino, anche quando erano trattative al ribasso (per la loro rispettabilità). I guglocrati s’indignano per la fame nel mondo ma dovrebbero farsi un bell’esame di coscienza su cosa rappresenta – ideologicamente – il loro "divino" Motore di Ricerca.
Un’azienda che accetta di modificare e alterare i propri contenuti in base alle richieste del governo di turno, fossero anche soltanto i siti pornografici (ma non è così, il porno è una scusa per non parlare di argomenti scomodi), è un'azienda debole e attenta unicamente ai propri interessi economici. Internet è realmente pericoloso se parliamo di pornografia su scala globale ma se provate a visitare la prima pagina indicizzata da Google Cina inserendo come parola chiave “porn” vi ritroverete in un universo di educande che non convincerebbe neanche un dodicenne.
Il porno esagerato e anche ripugnante che può andar bene alla mercificata società occidentale, dunque, diventa un fenomeno soft e altrettanto castrante nella rigida visione orientale. Google si adatta in maniera mimetica alle necessità dei suoi committenti e all’ortodossia imperante in questa o quell’altra parte del mondo; in base al contesto dove si muove, e alle richieste del mercato o dei governi, applica gli adeguati filtri alla realtà virtuale (o li rimuove in modo anche eccessivo).
I guglocrati sono dei relativisti e la colpa, quindi, non può essere addossata solo al governo cinese. Il governo li costringe. Loro accettano perché Google in Cina funziona così.